Nei pressi del piccolo villaggio di Aukana è custodita una statua di Buddha di 12 m. realizzata dal re Dhatusena nel V sec, ovvero nel periodo di maggior splendore dell’arte singalese.

La realizzazione di statue di grande dimensione deriva probabilmente dall’influenza mahayanica indiana tesa a sottolineare i poteri trascendenti e sovrumani di Buddha. La statua, scolpita nella roccia a cui è collegata solo nella parte posteriore, è raffigurata nell’ asisa mudra ovvero nella posizione benedicente ed è un compromesso tra realismo e simbolismo, tra rappresentazione umana e rappresentazione divina.

Probabilmente il punto più alto della scultura rupestre singalese si tocca nel Gal Vihara, tempio di roccia. Qui quattro statue di Buddha tutte ricavate da un’unica lastra di granito erano parte del complesso monastico di Alahana Pirivena.

Purtroppo per proteggere le statue dagli agenti atmosferici la soluzione trovata è quella di una orribile tettoia che peraltro lascia le stesse statue in penombra. Il Buddha sdraiato è lungo 14 m. e nelle fattezze del viso l’autore è riuscito a fondere serenità “divina” e umanità.

Il Buddha in posizione eretta (7m) ha un’insolita posizione delle braccia , tanto da far pensare ad alcuni storici che potesse essere Ananda, il discepolo di Buddha, addolorato per la morte del maestro.

I due splendidi Buddha seduti sono incorniciati in sfondi insoliti con dettagli molto elaborati. Quello più piccolo seduto, come l’altro, nella posizione della meditazione (dhyani mudra) è posto dietro una griglia metallica dinanzi la quale i fedeli non fanno mancare fiori e preghiere.

Dhatusena di Anuradhapura (regnò dal 455 al 473) aveva due figli: Mogallana da una sposa aristocratica e Kassapa da una sposa di rango inferiore. Kassapa, saputo che Mogallana era stato indicato erede al trono, si impadronì del potere costringendo il fratellastro all’esilio in India e imprigionando il padre che, in seguito, murò vivo. Kassapa, prevedendo il ritorno di Mogallana , si fece costruire una residenza fortezza sulla sommità della roccia di Sigiriya già abitata da monaci e asceti.

Secondo la tradizione fu tutto costruito- incredibilmente- in 7 anni dal 477 al 485. La vicenda finì col suicidio di Kassapa e Sigiriya fu ceduta nuovamente a monaci buddhisti in cerca di pace. Successivamente, nel 1155, fu abbandonata e completamente dimenticata fino alla nostra era. Oggi il sito è tenuto splendidamente ed è meta di numerosissimi Singalesi e turisti che si cimentano in una faticosa salita, particolarmente complicata per chi soffre di vertigini.

Al di là della bellezza della salita, dei resti del palazzo-fortezza di Kassapa e della vista, l’attrattiva maggiore è costituita da un ciclo di affreschi – le fanciulle di Sigiriya- dipinti nel V secolo che sono le uniche pitture a carattere non religioso pervenute dall’antico Sri Lanka.

In questa grotta riparata, nella parete rocciosa a strapiombo, gli affreschi ricoprivano un’area di 140m di lunghezza per 40 di altezza, ma oggi restano solo 21 fanciulle (delle 500 iniziali ipotizzate). Si è pensato raffigurassero le spose di Kassapa, ma probabilmente si tratta di apsara- danzatrici divine- peraltro dipinte solo dalla vita in su al di sopra di una cortina di nubi. Lo stile è simile a quello delle grotte di Ajanta in India e molto diverso da quello successivo di Dambulla.

Vattagamini Abhaya salì al trono nel 103 a.C.. Poco dopo l’inconorazione, costretto alla fuga da invasori Tamil, trovò rifugio nelle grotte di Dambulla dove restò nascosto 14 anni prima di riuscire a riprendere il potere. Per gratitudine fece edificar lì alcuni templi rupestri.

In realtà la grotta era un unico ambiente sotto una sporgenza rocciosa in cui successivamente furono create delle pareti divisorie che danno origine alle 5 grotte attuali.

I templi rupestri furono arricchiti da altri regnanti e in particolare dai re di Kandy nel XVII e XVIII secolo. In sostanza la maggior parte di quanto si può ammirare oggi è riferibile al periodo di Kandy anche perché l’abitudine di ridipingere sopra le pitture che scolorivano rende la datazione alquanto complessa.

La descrizione dettagliata delle singole grotte si può trovare nei testi specifici, ma certamente gli affreschi delle grotte 2 e 3 meritano il viaggio.


Così come le tante raffigurazioni di Buddha nelle diverse posizioni in tutte le grotte; ad esempio i 50 Buddha eretti nella grotta 3.


La grotta 1 Devaraja Viharaya è così chiamata in onore di Vishnu a conferma della presenza di elementi induisti nella pratica del buddhismo.

In ogni caso anche le grotte di Dambulla sono meta di pellegrinaggio e preghiere e i monaci non fanno mancare l’offerta di un fiore, offerta più vicina alla puja induista che allo spirito theravada.
