Anche il buddhismo theravada, che rappresenta gli insegnamenti del Buddha nella forma originale, ha il suo pantheon di divinità per lo più derivanti dall’influenza induista. Ciò potrebbe apparire incoerente, ma Buddha stesso non negò mai esistenza e potere degli dei della cosmologia induista assoggettandoli peraltro alle stesse leggi del karma e della rinascita di tutti gli esseri. Le quattro maggiori divinità protettive dello Sri Lanka sono Vishnù, Saman, Natha e Kataragama. Quest’ultimo, il più venerato, è identificato dai buddhisti singalesi con la divinità induista di Skanda, figlio di Shiva e Parvati e fratello di Ganesh.

La popolarità di Kataragama risulta particolarmente evidente nell’omonima cittadina nel sud dell’isola, cittadina che , insieme al tempio del sacro dente e all’Adam’s peak ( impronta di Buddha), è il luogo più venerato dello Sri Lanka. Kataragama è la divinità che meglio rappresenta il sincretismo tra la tradizione buddhista e quella induista; è raffigurato con un tridente-che è anche simbolo di Shiva-, è associato al colore rosso – il colore dei fiori che gli vengono offerti- e al pavone, l’uccello sacrificato in suo onore ( certamente non una pratica buddhista!). D’altra parte anche le automutilazioni e le mortificazioni cui si assoggettano alcuni pellegrini in occasione dell’esala poya, convinti che la divinità li protegga dal dolore, sono manifestazioni molto distanti dal pacato atteggiamento di meditazione e preghiera buddhista. La città di Kataragama dal canto suo rappresenta non solo il sincretismo tra buddhismo e induismo, bensì anche il luogo in cui risulta evidente la tolleranza tra le diverse fedi religiose come testimoniato dalla presenza di una moschea e una chiesa contigue al recinto dei templi buddhisti e induisti.

Percorrendo la strada verso il recinto sacro si incontrano bancarelle che vendono frutta e altri oggetti votivi, tipici delle offerte induiste. Si attraversa quindi il Menik Ganga ( fiume delle perle) dove i pellegrini fanno un bagno rituale prima di entrare nel recinto sacro.

Si giunge al Maha Devale passando attraverso una porta ornata con raffigurazioni di pavoni. I santuari, compreso quello principale dedicato a Kataragama, sono tutt’altro che imponenti, ma guardando le persone, dentro e fuori dai templi, risulta evidente quanto il complesso religioso rappresenti il concatenarsi di buddhismo e induismo attraverso divinità e iconografie di entrambe le religioni.

Dalle manifestazioni viste non è possibile per me comprendere dove finisca una religione e inizi l’altra, ma certamente i fedeli- che, tra l’altro, interpellati si dichiarano quasi tutti buddhisti- non se ne preoccupano. Una fila ordinata di fedeli con cesti di frutta entra lentamente nel santuario principale; dopo pochi metri si arriva al fondo, dove Kataragama è rappresentato da un tridente, mentre i modesti altari laterali sono dedicati a Ganesh e a Buddha; lì i fedeli consegnano il cesto di frutta a un sacerdote e attendono 15-20 secondi che torni indietro consacrato.

Ora possono consumare quella frutta condividendola con la famiglia o con altri. Mi è stato offerto un piccolo casco di banane consacrato e, dopo averne mangiata una, ho potuto condividere le altre. Vi sono persone che chiedono di consacrare oggetti che poi utilizzeranno come “protezione”: é il caso dell’uomo nella foto che ha fatto consacrare una composizione di peperoncini e limoni che gli servirà a protezione della sua auto nuova

L’usanza deriva dal fatto che, una volta, chi viaggiava con un carro o a piedi nella giungla, portava con sè peperoncini, limoni, zenzero e curcuma da utilizzare nel caso di morso da parte di un serpente. Ciò perché non percepire il piccante nel mangiare il peperoncino confermava la presenza in circolo del veleno del serpente stesso, mentre il limone veniva strofinato sull’abrasione e curcuma e zenzero servivano ad una provvisoria medicazione lenitiva.

Nel recinto si vedono naturalmente anche monaci buddhisti, mentre un gruppo di musicisti è seguito da pellegrini che si esibiscono nella kavadi, la danza del pavone, volteggiando e tenendo con le mani appunto il kavadi , anelli semicircolari addobbati con piume di pavone.

Il ritmo musicale, il fervore e la concentrazione dei danzanti porta qualcuno di loro vicino a uno stato di trance.

Dietro il Mahe Devale una strada fiancheggiata da bancarelle che vendono esclusivamente fiori porta al Kiri Vihara,

un grande dagoba racchiuso da mura squadrate che è l’alternativa al culto buddhista per Kataragama.

I fedeli portano lì solo fiori che lasciano davanti a Buddha e si fermano a pregare.

L’atmosfera è completamente diversa, sono tutti vestiti di bianco, si sente a malapena il mormorio delle preghiere