Da Guayaquil, sul Rio Guayas a breve distanza dall’Oceano Pacifico, è necessario percorrere circa 200 Km per giungere a Cuenca sull’altopiano Andino meridionale dell’Ecuador. La strada negli ultimi 80 Km sale dal livello del mare fino a 4100 m di altitudine, nel Parco Nazionale Cajas.

Questo comprende, nei suoi circa 3000 kmq di estensione, un’ampia zona di paramo, la prateria andina di alta quota, ed è costellato da centinaia di piccoli laghi che contrastano un paesaggio brullo simile ad una brughiera. La differenza col punto di partenza, oltre che dall’altitudine, è contrassegnata dalla temperatura: dai 33° di Guayaquil a 7°. Da lì, in 30 km di strada tortuosa, si scende ai 2550 m. di Cuenca.

Cuenca ha un centro storico coloniale tra i meglio conservati del sud America e nei suoi dintorni vi sono villaggi in cui la cultura indigena è particolarmente viva e sentita. Tre culture hanno segnato la storia di questo luogo: quella dei Canari che vivevano qui da circa 3000 anni quando arrivarono gli Inca intorno al 1463. Infine gli Spagnoli che verso il 1540 trovarono una città Inca in rovina, Tomebamba ( Valle del sole) e finirono per demolire quello che restava utilizzando le grosse pietre intagliate dagli Inca per i propri edifici. Pertanto è stata cancellata ogni traccia di queste culture precolombiane ad eccezione di alcuni muri a ridosso del Rio Tomebamba. Per contro visitando la città e, in particolare, i suoi musei appare evidente lo sforzo degli Ecuadoriani di documentare e preservare le  proprie radici.

Ciò appare con evidenza nel museo del Banco Central Pumapungo che oltre ad avere un parco archeologico con le scarse rovine inca recuperate, propone un viaggio tra le diverse culture indigene del Paese presentandole con ricostruzioni particolarmente efficaci e suggestive. Il museo de las culturas aborigenas poi, con i suoi oltre 5000 reperti delle diverse culture preispaniche fino a 15000 anni fa.

Il centro storico di Cuenca, dal 1996, patrimonio UNESCO, è molto ben tenuto e, anche per analoghe esperienze, il modo migliore di visitarlo è camminando senza una meta precisa tra le sue strade, abbandonando i percorsi più battuti e semmai tornando sui propri passi per soffermarsi su un particolare.

Con questo approccio non solo è possibile ammirare “meglio” tutti i diversi edifici storici e le numerosissime  chiese, ma si partecipa, in un certo senso, alla vita della città con  un andirivieni di gente in abiti tradizionali, gente che lavora, studenti, venditrici nel mercato dei fiori (l’Ecuador è uno dei maggiori esportatori di fiori al mondo)……

Pertanto le diverse immagini sono state realizzate con questo approccio e presentate senza una logica di percorso. La gigantesca cattedrale con le sue cupole azzurre iniziata nel 1885 e portata a termine nel 1970, con le torri dei campanili lasciate più basse a causa di un errore di progetto per cui le basi non avrebbero mai potuto sopportare il peso della costruzione con l’altezza prevista in partenza.

Quindi una passeggiata lungo il Rio Tomebamba che separa a sud il centro storico dalla città nuova incontrando alcuni murales dallo stile tipicamente sudamericano

Un ponte che attraversa il fiume è dedicato alle vittime di femminicidio ( un problema di dimensioni preoccupanti anche in Ecuador) con i loro nomi impressi sulle spallette.