Non avendo mai visitato Pavia non conoscevo il suo patrimonio artistico e architettonico testimonianza di quell’antica città sulla riva del Ticino, snodo commerciale tra la pianura e i grandi fiumi in epoca romana e successivamente capitale del regno Longobardo. Qualche giorno fa ho cercato, almeno in parte, di colmare questa lacuna, con una (breve) visita della città e della vicina Certosa. Certamente Pavia conserva, nel suo centro storico, tracce numerose e ben conservate del suo passato, tracce le cui descrizioni si possono trovare sui testi di arte medioevale. In proposito vorrei qui condividere solo alcune immagini del monumento medioevale che più mi ha impressionato per la sua struttura e per la ricchezza e la qualità delle opere che racchiude: la basilica di San Michele Maggiore, capolavoro dello stile romanico lombardo, di fondazione Longobarda e poi ricostruita e completata nel 1155, luogo di incoronazione, tra gli altri, di Federico Barbarossa. Si tratta di un’opera diversa dalle altre chiese cittadine per l’utilizzo estensivo della pietra arenaria color ocra in luogo del cotto.
Al centro della facciata il bassorilievo di San Michele, di notevole fattura e ben conservato, dominante il dragone dell’apocalisse e con il globo nella sinistra e il fiore di loto nella destra.
Intagli e rilievi del XII secolo con figure umane e animali fantastici ornano la zona inferiore della facciata e i tre portali.
Sorprendente la varietà e la finezza dei capitelli all’interno della basilica e nella cripta.
La basilica era stata progettata come una grande macchina scenografica per accogliere, anche con effetti di luce adeguati, il complesso rituale delle incoronazioni. Ai piedi dell’altare maggiore si trova un interessante mosaico pavimentale ove è rappresentato il labirinto, assunto a simbolo della faticosa ricerca dell’uomo e del suo percorso attraverso i misteri della vita, e l’anno, raffigurato come un re incoronato che troneggia al centro del fluire dei mesi a loro volta rappresentati da personaggi disposti in piccole arcate con capitelli ciascuno con il proprio attributo distintivo.
L’anno re veniva illuminato dalla luce proveniente da un finestrone nel giorno in cui si compiva l’incoronazione del re.
Tra le opere conservate nella basilica merita una citazione il bellissimo crocifisso di Teodote (dal nome del monastero da cui proviene): è un’opera del X secolo in lamina d’argento, con proporzioni di circa due terzi rispetto a quelle naturali, con la fisionomia del Cristo ritto e fermo sulla croce che trasmette, al tempo stesso, serenità e senso di forza
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