Nelle valli dei fiumi Vomano e Mavone, in provincia di Teramo, vi sono numerose strutture religiose che facevano parte di abbazie benedettine fondate a partire dal IX secolo. Nonostante queste chiese siano state oggetto, nel corso dei secoli, di saccheggi, distruzioni e rifacimenti, oggi costituiscono interessanti esempi di arte, per lo più romanica. In proposito, qualche anno fa, 10 comuni della provincia di Teramo hanno varato un progetto finalizzato a valorizzare il patrimonio storico culturale e ad incentivare il turismo proprio in quel territorio creando, tra l’altro, degli itinerari artistici, archeologici e naturalistici. Al momento non è possibile un itinerario completo in quanto, a causa del terremoto, nonostante il tempo trascorso, diverse strutture non possono essere visitate.
Tuttavia, come vedremo anche dalle immagini, con un po’ di pazienza , contattando parroci e uffici del turismo, si trova sempre qualcuno disponibile ad aprire l’edificio per la visita o, in alternativa, a lasciare le chiavi di accesso presso il bar più vicino. Sono riuscito così ad organizzare la visita di quattro siti tra i più rimarchevoli della “valle delle abbazie”. Di seguito mostro alcune immagini con brevi descrizioni assolutamente non esaustive sotto l’aspetto storico-artistico.
La chiesa di San Giovanni al Mavone sorge isolata su un poggio a fianco dei ruderi dell’abbazia di cui faceva parte. Fu costruita sopra la cripta, e il tutto fu probabilmente edificato tra i secoli XI e XIII.
Come in molti altri edifici abbaziali abruzzesi, mancano documenti che permettono di fissare con certezza le origini: la chiesa è comunque menzionata in un editto di papa Lucio II del gennaio 1184. La facciata in stile romanico presenta il portale “incorniciato” da due bifore che raramente si trovano in edifici abruzzesi.
L’interno è a tre navate, con il catino dell’altare impreziosito da un affresco del 1421 con una figura di Cristo racchiuso in una mandorla tra la Vergine, San Giovanni Battista e San Giovannino.
Superato il bivio per l’abbazia di Santa Maria di Ronzano ( sono riuscito a organizzare la visita per il giorno seguente), dopo circa mezz’ora di auto si raggiunge San Clemente al Vomano che faceva parte del complesso abbaziale dei benedettini che lì avevano sia la chiesa che il monastero.
In questo caso la visita è stata possibile grazie al professor Antonio Gumina, Agrigentino trapiantato in Abruzzo che, da dotto volontario di storia e arte, accompagna il visitatore con esaurienti notizie storiche sulla chiesa nonché sugli autori dei manufatti e sui loro legami con i movimenti artistici e filosofici dell’epoca. Anche in questo caso non esistono documenti che riportino la data esatta della fondazione di San Clemente, ma si ritiene che l’intero complesso abbaziale sia stato edificato nella seconda metà del IX secolo.
In quel periodo il monachesimo benedettino si diffuse nelle vallate della provincia teramana, del Tordino, del Mavone e del Vomano dove i frati, con l’aiuto delle popolazioni locali, edificarono anche San Salvatore di Canzano, Santa Maria di Propezzano, Santa Maria di Ronzano e altri monasteri fino al Gran Sasso.
D’altra parte i monasteri rappresentavano per il territorio su cui sorgevano un riferimento non solo religioso, bensì anche socio-economico. L’architettura della chiesa che vediamo oggi è quella del rifacimento del 1108, come mostrato dalla lapide sull’ingresso. La facciata è di stile romanico con un notevole portale, sovrastato da una monofora, che si apre nella parte centrale.
L’interno della chiesa è un ambiente unico a pianta basilicale con tre navate che terminano in absidi semicircolari.
I capitelli sono tutti diversi l’uno dall’altro per forma e dimensioni.
Il ciborio, realizzato- e firmato- intorno al 1150 dalla bottega di Ruggero e del figlio Roberto, è considerato per originalità, composizione e decoro un capolavoro dell’arte romanica abruzzese: “gioiello d’arte medioevale….rimasto intatto attraverso i secoli……”.
Le decorazioni rivelano evidenti legami con l’arte islamica e bizantina.
Gli affreschi visibili rappresentano una piccola parte di quelli che hanno decorato la chiesa in passato. Di pregio quello attribuito a Gentile Della Rocca, dipinto intorno al 1285 su un pilastro, che rappresenta la Madonna regina col bambino.
A pochi chilometri di distanza sorge la chiesa di Santa Maria di Propezzano. Il sacerdote che lì celebra la messa, don Pasquale, lascia le chiavi a Romolo, il proprietario del bar accanto alla stessa chiesa, per consentirne la visita. Santa Maria, con l’adiacente monastero, era parte dell’abbazia benedettina omonima edificata nello stesso periodo di quella di San Clemente. Secondo la tradizione la chiesa fu edificata nel luogo in cui apparve la Madonna il 10 maggio 715.
Mancano fonti medioevali e sono state smarrite le carte dell’abbazia, ma la narrazione dell’evento miracoloso è stata tramandata dall’iscrizione quattrocentesca affrescata e ancora leggibile sulle parti di intonaco residue del muro sopra il portale di ingresso.
La chiesa attuale presenta una struttura articolata di stile romanico. Il sovrapporsi di lavori realizzati in epoche diverse risulta evidente nel prospetto principale. L’edificio medioevale originario ha subito due radicali interventi di trasformazione, il primo all’inizio del XII secolo, il secondo con l’ampliamento del XIV secolo. La parte dell’edificio più antica è quella costituita da una prima cappella romanica, risalente forse al XII secolo ( di cui è riconoscibile l’oculo inferiore, decentrato rispetto a quello superiore), dal piccolo portico ad archi ogivali sorretti da tozze colonnine e dalla parte inferiore della facciata.
All’inizio del XIV secolo furono aggiunti i corpi laterali, che determinarono la ripartizione dell’aula interna in tre navate, la parete superiore della facciata che termina con il coronamento orizzontale decorato con archetti pensili intrecciati, il rosone con ghiera in terracotta, ed il portale atriano. La torre campanaria è stata aggiunta nel XV secolo.
Il ricco portale in pietra a sinistra del nartece, dei primi anni del trecento, è attribuito a Raimondo del Poggio autore di un portale della cattedrale di Atri nello stesso stile. In origine era collocato al centro della cappella dell’abside e fu spostato nel XVI secolo in occasione di un anno santo; è denominato “Porta Santa” e viene aperto solo il 10 maggio e il giorno dell’Ascensione.
L’interno, a pianta basilicale con tre navate di uguale grandezza, separate da imponenti archi a tutto sesto, risulta di stile romanico-gotico.
Gli affreschi conservati, come riportato sotto l’immagine della Vergine genuflessa, risalgono al 1499 e descrivono l’evento miracoloso legato alla costruzione della chiesa con, alla base, brevi didascalie in lingua volgare.
Sulla parete di controfacciata di sinistra una nicchia in mattoni contiene resti di un dipinto della Crocifissione.
Per visitare la chiesa di Santa Maria di Ronzano, dopo qualche ricerca, si arriva ad un numero telefonico al quale risponde una gentile signora ( non è chiaro se funzionario o consigliere del comune di Castel Castagna) che organizza, ad un’ora stabilita, l’apertura della chiesa grazie all’intervento di una ragazza. Questa lavora come autista di scuola bus e, negli intervalli tra una corsa e l’altra, può accompagnare i visitatori.
La chiesa di Santa Maria di Ronzano sorge isolata sopra un colle della valle Mavone. L’edificio faceva parte del complesso monastico abbaziale benedettino ormai scomparso. Non è nota l’esatta data di costruzione, ma diversi storici indicano il periodo tra il 1170 e il 1180. Lo stile architettonico della chiesa è di impronta romanico – pugliese. Le linee chiare della pietra, che emergono dal rosso laterizio, disegnano un’ossatura che incornicia archi ciechi tra lesene che, sulla parete presbiteriale si raccordano ai quattro archi ciechi e alla grande monofora che si apre al centro dell’abside.
All’interno lo spazio è ripartito in tre ampie navate, con quella centrale di altezza maggiore.
Il catino absidale contiene un ciclo d’affreschi medioevali datati 1181 o 1281, a seconda dell’interpretazione dell’iscrizione dipinta che corre alla base.
Nella calotta absidale è rappresentato Cristo benedicente all’interno di una mandorla, attorniato da quattro angeli in volo. Nel primo registro i dodici apostoli oltre l’Annunciazione
Nel secondo registro sono dipinte scene dell’infanzia di Gesù.
Da notare il berretto a punta indossato da San Giuseppe, il pileus cornutus utilizzato nel XIII secolo come elemento distintivo degli Ebrei.
Sul terzo registro sono raffigurate scene relative alla Passione di Cristo.
In fondo alla navata destra è posta una statua in legno dipinto raffigurante la Madonna col bambino che può essere collegata alla scuola di Spoleto e cronologicamente datata agli inizi del XIV secolo.
L’Italia ha sempre qualcosa di bello da offrire. Anch’io sono reduce da un bel giro nei borghi molisani ricchi, anch’essi, di importanti testimonianze. A differenza tua, però, non mi sono cimentato con una cronistoria visiva.
Leggerò con calma quanto ci hai inviato, ma posso dire sin d’ora che sei un vero stimolo per superare la pigrizia culturale, che troppo spesso si manifesta.
Grazie.
La pigrizia va superata 2 volte: la prima nella fase di preparazione per evitare di girare a vuoto e riuscire a visitare ciò che si desidera con i propri tempi (non è corretto pensare che lo si debba fare solo per i viaggi difficili a lungo raggio!); la seconda nel comunicare per provare a condividere quanto visto.
Corretto. Ma per superare la sindrome del ” deja vu”, sindrome legata all’accumulo di esperienze sensoriali sempre più numerose facilitato dalla pletora informativa in cui siamo immersi, bisogna ricorrere al vecchio detto di Calvino: più che fare nuovi nuovi viaggi, ripeterli , ma con nuovi occhi. Chissà, forse questa dimensione ti appartiene e ti distingue, al di là del superamento della pigrizia che al “deja vu” spesso si collega.
Comunque gran servizio, il tuo. Considera la possibilità di guidare il gregge
Bellissime immagini. Curate nei particolari. Sono eccezionali opere d’arte… NASCOSTE!
Le porti alla luce, per farle splendere per TUTTI, SEGUI IL MIO CONSIGLIO. C’È la visione di una sola foto totale dell’interno, di più sarebbe stato meglio. Manda il tutto al Ministero dei beni culturali, questi posti sembrano abbandonati, altro che itinerario turistico. E quello che addolora, è che queste zone sono di scarsa economia in genere, ma non sfruttano il patrimonio artistico che possiedono. Eppure c’è internet!
C’è uno sforzo a livello locale di rendere fruibile il patrimonio. Evidentemente, poiché spesso si tratta di volontariato, è possibile la visita prevalentemente nel fine settimana e in agosto a meno di non avere un pò di pazienza nell’organizzarsi. In effetti tutti i siti “agibili” sono in qualche modo visitabili a differenza di quelli che, danneggiati dal terremoto, non sono stati messi in sicurezza con inadempienze e lungaggini (secondo autorità, parroci etc..) soprattutto da parte della Sovrintendenza (!!)