Tutto, in questa regione, contribuisce all’atmosfera peculiare della zona andina: l’arido altopiano ( puna) che si estende fino al Cile a ovest e alla Bolivia a nord, le spettacolari vette di quasi 7000 m. a ovest, le colture di coca, i lama, le comunità di lingua quechua con il loro artigianato, le rovine incaiche, le grandi saline, le “quebradas” dai  colori straordinari. Ho iniziato la visita della regione  a Salta (1187 m. s.l.m. e circa 500.000 abitanti) dove sono arrivato con un volo da Buenos Aires. Salta, con i suoi  edifici coloniali, la musica folklorica delle sue penas, la sua cattedrale rosa, i suoi interessanti musei, offre al viaggiatore organizzazione e servizi di una grande città e, nello stesso tempo, la gradevole e tranquilla atmosfera dei piccoli centri.

Il “Museo de Arqueologia de Alta Montana” dedicato ad una efficace documentazione della cultura Inca  consente di vedere i corpi mummificati di tre bambini lasciati in sacrificio in montagna e trovati vicino alla vetta del  Llullaillaico, un vulcano di 6739 m. a circa 500 km da Salta presso il confine col Cile. Il volto della “doncella”, una ragazza di 15 anni con i capelli elaboratamente intrecciati e gli abiti perfettamente conservati, pur provenendo da un passato lontano potrebbe essere quello di una qualsiasi fanciulla che si incontra oggi nelle strade di Salta

La cultura Inca prevedeva a volte il sacrificio di alcuni bambini di nobile nascita per placare i propri dei: le alte vette, ritenute sacre, rappresentavano il luogo di questi  riti. I bambini, scelti con cura, venivano portati a Cuzco, capitale religiosa e lì si trovavano al centro di un grande rituale al termine del quale venivano fatti sfilare due volte attorno alla plaza per poi avviarsi sulla strada di ritorno che doveva essere percorsa in linea retta. Giunti a casa venivano accolti con grandi festeggiamenti e poi condotti sulle montagne. Lì, insieme al cibo, veniva data loro una gran quantità di chica, bevanda alcoolica prodotta dal mais fermentato. Quando perdevano i sensi venivano portati sulla cima della montagna e abbandonati in un sonno da cui non si sarebbero più svegliati. Freddo, bassa pressione, assenza di ossigeno e batteri hanno contribuito a conservare quasi perfettamente i corpi ritrovati nel 1999.

Da Salta, noleggiata un’auto, mi sono diretto a nord verso il confine con la Bolivia. Prima tappa, dopo circa tre ore di viaggio, la quebrada de Humahuaca : un canyon arido in cui scorreva un fiume, ormai secco, con pareti di montagne erose dagli agenti atmosferici che mostrano una incredibile policromia.

La valle, dichiarata patrimonio dell’umanità dall’UNESCO, è costellata da villaggi indigeni situati tutti a circa 3000 m di altitudine abitati da gente dedita per lo più ad una faticosa agricoltura e che mantiene inalterato il proprio stile di vita. Da una di queste cittadine, Tilcara (a 15 km dal tropico del Capricorno), è possibile raggiungere Pucarà una fortificazione precolombiana con rovine risalenti a un periodo tra l’XI e il XV secolo anche se il sito è stato probabilmente usato in secoli precedenti.

Quindi Maimarà , tipico centro della valle sotto la spettacolare Paleta del Pintor (tavolozza del pittore) una formazione rocciosa dai tanti colori, e Humahuaca, il centro principale della valle, con strade acciottolate, i negozietti di artigianato e i volti tipici della popolazione andina.

Passando da Purmamarca, una piccola cittadina ai piedi del Cerro de los Siete Colores dalle belle formazioni rocciose,

si sale in una zona remota della puna superando i 4000 m.;  poi, scendendo fino ai 3350 ecco un lago prosciugatosi nel periodo olocenico che è oggi una crosta di sale di oltre 500 kmq, le Salinas Grandes, dove il contrasto tra il cielo azzurro e la bianca crosta di sale risulta abbagliante.

Dopo aver viaggiato per alcuni giorni nell’estremo nord della regione in prossimità della Bolivia, ho continuato la visita più a sud verso il Parque Nacional Los Cardones attraversando la tortuosa Cuesta del Obispo.

 

Il cardon è il cactus a forma di candelabro che, in assenza di alberi sulla puna, rappresenta un’importante fonte di legname per diversi elementi architettonici nonché per chiese e abitazioni indigene.

Le diverse cittadine, a volte poco più di un villaggio, situate tutte al di sopra dei 2000 m., si trovano in un suggestivo paesaggio dominato da vette altissime, caratterizzate da un’aria limpida con giornate assolate e notti fresche.

Strade acciottolate, semplici e graziose chiese caratterizzano Cachi, Seclantas , Molinos e Angastaco.

Attraversando i villaggi delle Valles Calchaquies  con i loro laboratori di tessitori tra campi di anice e cumino, antichi pucarà e singolari formazioni rocciose,

si giunge infine a Cafayate, secondo centro argentino per la produzione di vini di qualità: una tranquilla cittadina, circondata da vigneti e relative aziende vinicole. che a nord confina con una zona selvaggia di  formazioni di arenaria rossa scavate dal Rio de las Conchas.