Hitnes nasce a Roma nel 1982. Già nel 1996 inizia a viaggiare per la sua arte come artista di strada.  A partire dal 2001 partecipa a diversi progetti e collabora a lavori collettivi; già dal 2003 lavora come illustratore, storyboarder, scenografo e grafico. Nel 2005 si laurea all’Istituto Europeo di Design e quindi parte per l’Australia dove continua a fare l’illustratore e, in Tasmania, frequenta il mondo dei pescatori. Quando rientra in Italia si dedica soprattutto all’attività di muralista lavorando su commesse pubbliche e private.

Il suo lavoro in buona parte si ispira a John James Audubon (1785-1851), famoso ornitologo, illustratore e pittore americano di origini francesi, del quale è celebre l’opera ” The Birds of America” più di 400  illustrazioni scientifiche sulle diverse specie di uccelli americani, frutto di anni di studi e osservazioni dirette. Anche Hitnes è un viaggiatore che alternativamente attraversa paesaggi naturali incontaminati e paesaggi urbani in cui la natura ha poca parte, anche lui è appassionato e attento osservatore di flora e fauna, in particolare dei volatili e del loro mondo. In effetti nelle sue opere l’uomo è assente, mentre sono esaltati gli elementi naturali in tutte le forme, elementi resi protagonisti  di acqua, cielo e terra.

Le sue creazioni occupano con naturalezza  spazi, particolarmente nel tessuto urbano, collocati in contesti che poco hanno a che fare con quelle variopinte rappresentazioni.

E quando gli abitanti di San Basilio,  alla periferia  est di Roma, gli affidano il compito di rinnovare e rivitalizzare l’identità del proprio quartiere attraverso un intervento di “chirurgia” estetica su sei facciate  di altrettante palazzine popolari,  Hitnes  si esprime così: “Io faccio murales, che sono di per sé dipinti grandi, giganteschi. E anche per questo esprimono concetti in modo forte, quasi violento. Per SanBA però lo scopo non è raccontare qualcosa, ma creare. Voglio creare un luogo, un ambiente, un posto magico”

E così é stato: è venuta fuori un’incredibile scenografia, sei “tele” gigantesche, in una miscela di colori squillanti  e ben equilibrati per ali di colibrì, voli di fenicotteri, code variopinte di pavone, fauci di coccodrillo.

In pratica un’anonima piazza  di periferia dietro via Arcevia diventa un museo a cielo aperto, con un colpo d’occhio davvero unico. Se é  l’arte che è uscita dalle stanze non proprio popolari dei musei ed è entrata nella vita reale fondendosi con la società del luogo sarà il tempo a dirlo: certamente, almeno a livello visivo, si tratta di un grande cambiamento.