Un itinerario completo  nell’arte urbana romana prevede  l’attraversamento di più di 150 strade e 30 quartieri, dal centro alle periferie, da Testaccio a Tor Marancia, dal Pigneto a Tor Pignattara, dal Quadraro a San Basilio. In effetti sono oltre 350 le opere realizzate negli ultimi anni da artisti italiani e di fama mondiale. Ho dedicato, in compagnia di amici interessati a questa espressione artistica, una mezza giornata per vedere e, naturalmente, fotografare alcune interessanti e talvolta sorprendenti opere nei quartieri Ostiense, Tor Marancia e Tor Pignattara.

Nel quartiere Ostiense i murales si trovano per lo più nel tratto di Via Ostiense compreso tra Piramide e San Paolo e in alcune vie laterali come Via del Gazometro e Via del Porto Fluviale.

Evidentemente diversi artisti hanno esaltato la loro creatività a contatto con l’atmosfera post industriale di questo quartiere.

Di fatto, grazie soprattutto al progetto “Ostiense district” , la street art ha cambiato radicalmente il volto del quartiere

Tra queste opere quella di Federico Massa, in arte Iena Cruz, che ha realizzato un murale ecologico con la tecnologia Airlite, una pittura mangia-smog.

Un discorso completamente diverso merita il quartiere di Tor Marancia: esso venne edificato in tempi strettissimi nel 1933 per ospitare i romani che il regime fascista aveva sfrattato dalle proprie abitazioni nel centro-città. Ben presto fu   soprannominato Shanghai sia per l’alta densità abitativa, sia per i frequenti allagamenti, dovuti al fatto che lì prima era tutta palude.

Nel 1948 le casupole fatiscenti e malsane vennero abbattute per costruire, in regime di edilizia residenziale pubblica, gli edifici  che vediamo oggi. Il quartiere è sempre rimasto un luogo popolare, difficile, con alto livello di disoccupazione tra i suoi abitanti, nonché abbandono scolastico e criminalità. In questo non facile contesto, nel 2015, è stato lanciato un bel progetto di arte pubblica, “Big City Life”. Aveva per obiettivo la riqualificazione estetica e sociale della zona, ed è stato realizzato su proposta di una associazione culturale (999Contemporary) con il supporto del Comune e altre istituzioni. In sostanza le facciate di undici palazzine del comprensorio di viale Tor Marancia 63 sono diventate  gigantesche tele per 22 artisti provenienti da 10 diversi Paesi. In pochi mesi i writers hanno realizzato 22 bellissimi murales, tutti diversi per temi, stili, colori.

Ma il progetto non si è limitato a commissionare i murales agli artisti: in un luogo dove certamente il pensiero dell’arte non era dominante sono state coinvolte le 500 famiglie residenti nel lotto, nonché le scuole e le associazioni di quartiere in incontri con gli artisti, workshop, laboratori creativi. Di fatto si è creato un vero e proprio distretto di arte pubblica in cui alla dimensione artistica si è unita quella partecipativa. Si è passati quindi dall’iniziale diffidenza e ostilità dei residenti al dialogo e al confronto, con una sempre maggiore partecipazione della gente.

Questa interazione tra residenti e artisti ha fatto in modo che nei murales confluissero, in un certo senso, le storie, le vite e i problemi degli abitanti del quartiere. Ne è derivato una sorta di museo condominiale all’aria aperta davvero unico nel suo genere. Attraversando una porticina si sbuca in un cortile condominiale anni ’50, con vialetti, piante, panni stesi, panchine di pietra. Non c’è che da guardare intorno ammirando le facciate disegnate, in presenza di alcuni residenti che chiacchierano sulle panchine e non si curano troppo degli “ospiti”. Ecco disegnata su una facciata  ( “Humanity Constellation o Elisabetta”)  una mano che simboleggia tutta l’umanità,  mano che è poi quella di un’inquilina della palazzina (Elisabetta appunto).

La donna con un diamante in mano nel murale in stile Art Nouveau (del romano Diamond) rappresenta Roma, una bella donna  addormentata, come la città stessa che non riesce a scuotersi dal proprio torpore.  Il drago, invece, vuole evocare la Cina e il soprannome del quartiere.

Il murale del filippino Ierico  vuole rappresentare il vano tentativo di toccarsi di uomo e natura.

Il murale di Andrew Pisacane ( Gaia) si nota particolarmente  per i suoi colori saturi. Il mandarino-palloncino, ricordo di un viaggio dell’artista nel sud Italia è poi diventato ” a furor di popolo” un’arancia in riferimento al nome del quartiere. L’arancia risalta contro il cielo blu e fluttua in un’atmosfera metafisica mentre più in basso  un volto di chiaro stile regime fascista vuole ricordare lo sfratto subito dal popolo dal centro di Roma per costruire Via della Conciliazione e Via dei Fori Imperiali e il conseguente confino nel ghetto allora malsano di Tor Marancia.

Se il murale precedente ricorda l’arte di De Chirico, quello dell’australiano Reka con  la sua natura morta e la destrutturazione della ciotola di frutta e del volto di donna non possono che richiamare Picasso.

Vi sono poi murales dalle particolari forme geometriche e o cromatiche

in quest’ultimo sembra che i quadrati colorati piovano addosso a chi li guarda. Il murale seguente (L”Assolo‘ di Danilo Bucchi) ha per protagonista una donna stilizzata e le sue scarpette rosso brillante che chissà quale storia vogliono raccontare.

Mentre nel murale del portoghese Pantonio, intitolato  Ponentino in onore del vento che rinfresca le estati romane, strani animali marini di diverse dimensioni  sembrano nuotare in una superficie acquatica.

All’esterno, accanto all’entrata del comprensorio, vi sono due murales su altrettanti edifici. Il primo, l’opera pilota del progetto Big City Life, è quella dell’argentino Franco Fasoli ( Faz ) ‘Il peso della Storia‘. Due lottatori in maschera, quello argentino, poggiato instabilmente su un ginocchio, tiene sulle spalle quello italiano a simboleggiare il legame tra i due Paesi.

La posa è ambigua perché potrebbe rappresentare una mossa del combattimento o un gesto d’aiuto verso l’altro. L’altro murales, divenuto il manifesto  del progetto, rappresenta un’altra storia del quartiere: il ragazzino che si è costruito delle scale colorate per guardare oltre il grigio del palazzo è Luca,  morto a causa di un incidente durante un gioco. L’artista ha voluto rappresentarlo in un’immagine che è di speranza con il cielo blu oltre il cemento.

Dopo la lunga sosta a Tor Marancia resta poco tempo per la visita della street art di Tor Pignattara. Giusto il tempo per avere un’idea con il proposito di tornare con più calma in questo quartiere situato nel quadrante est della capitale dove, negli ultimi anni,  sono  tante le opere di street art che hanno riempito le facciate dei palazzi; ciò grazie a diversi progetti, al contributo di gallerie e al comitato di quartiere che ha promosso il progetto I Love Torpignart.