Il centro storico di Ragusa Ibla sorge sul sito dell’antica città di Hybla, in epoca greca Hybla Heraia. A causa del devastante terremoto che nel 1693 colpì la Sicilia orientale, non rimane molto del nucleo originale. Dopo il terremoto Ragusa venne ricostruita in due siti distinti: Ragusa Superiore, la città moderna, e Ragusa Ibla edificata in stile barocco.  Ibla è considerata la capitale del barocco siciliano  e, con il suo antico centro storico, in posizione dominante su una collina, presenta un patrimonio di oltre cinquanta chiese e numerosi palazzi nobiliari.

In questi edifici la ricca architettura barocca in pietra locale calcarea assume la forma di volute, di vuoti e di pieni, di colonne e capitelli, di statue e di decorazioni diverse. Per il suo grande valore storico e architettonico, insieme ad altri comuni della val di Noto, Ibla è stata dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco e certamente rappresenta il punto più alto della fioritura finale dell’arte barocca in Italia e in Europa.

Il barocco di Ibla viene definito  “fiorito” per l’abbondanza di ornamenti sulle facciate: forse una reazione alla paura per l’imminente fine legata al terremoto, oppure la speranza di una nuova vita dopo lo scampato pericolo.

In questa località affascinante e scenografica, vero e proprio gioiello della cultura e della storia siciliana, tra le bellezze barocche da ammirare, una citazione particolare la meritano  i balconi dei diversi palazzi, una chiara espressione della creatività di abili scalpellini che hanno realizzato un campionario senza fine di tipi umani, di mostri, di animali più o meno fantastici, di putti paffuti, di donne leggiadre.

Probabilmente ogni balcone, oltre a sottolineare la qualità artistica dei maestri scalpellini, racconta una storia particolare. Spesso ogni singola mensola è costituita da due soggetti sovrapposti collegati alla vicenda che si vuole narrare. Cinque maschere di burloni ghignanti in contrasto con le leggiadre figure femminili a busto scoperto che stanno là, quasi per alleggerire la bruttezza di quelle caricature umane.

Il volto ghignante di un occhialuto sopra un mostro che addenta qualcosa.

Un gruppo di girovaghi cantastorie nel momento preparatorio dell’inizio della recitazione. La figura centrale ha un rotolo in mano, forse il copione che fra poco reciterà; ai suoi lati gli amici con zufolo, mandolini e tamburi, pronti ad accompagnarlo. Una scena presa dalla strada come doveva essere consueto a quel tempo. Anche qui nella parte inferiore  i soliti mascheroni deformi: al centro un faccione con guance rotonde e grande naso fra maschere ghignanti.