Estremadura, regione al confine col Portogallo abitata da poco più di un milione di persone su un’estensione che è quasi il doppio della Lombardia, una terra profondamente cattolica e contadina. Vi sono tornato dopo diversi anni e, tra l’altro, sono rimasto favorevolmente  colpito dall’approccio, da parte della pubblica amministrazione, nella valorizzazione del patrimonio storico culturale e nella conseguente attrazione che quei luoghi riescono ad esercitare su viaggiatori e turisti. In particolare Caceres e Merida,  entrambe  dichiarate patrimonio dell’umanità e con caratteristiche profondamente diverse,  hanno identificato nei legami col passato un fattore competitivo per lo sviluppo del proprio turismo.  Caceres, fondata nel 29 a.C., era uno dei cinque maggiori centri della provincia di Lusitania. Del tutto ignorata dai Visigoti, fu valorizzata dagli Arabi e nuovamente fortificata, per l’ultima volta, dalla dinastia berbera degli Almohadi nel XII secolo.

Era conosciuta allora col nome di Qasri (da cui deriva l’attuale Caceres) e fu conquistata più volte finchè, nel 1229, venne ripresa definitivamente ai Mori da Alfonso IX di Leon e di Galizia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Occupando una posizione strategica sulla strada per il Portogallo e  sull’antica via dell’argento, Caceres costituì un’importante piazzaforte durante tutte le guerre civili e durante il conflitto tra Castiglia e Portogallo.

Una città in cui le cose più belle si scoprono all’’interno della cinta di mura araba e ciò grazie alle famiglie aristocratiche originarie della Galizia, del Leon e delle Asturie che la ripopolarono dopo la riconquista erigendovi numerosi palazzi. Vere e proprie fortezze di clan rivali in lotta fino alla fine del XV secolo, oggi a testimonianza, con la loro imponenza, dei fieri scontri cui diedero luogo i loro occupanti.

E’ indicativa del carattere di questi nobili l’iscrizione che si trova tra le tombe in rovina del bel palazzo gotico de Los Golfines de Abajo: “ Aqui esperan los Golfines el dia del juicio  (I Golfines attendono qui il giorno del giudizio).

Mirabilmente conservato, il centro storico di Caceres si presenta pertanto come il “catalogo“ dell’araldica dell’Estremadura e, nel contempo, come il principale museo di architettura gotica di Spagna.

In effetti per la “ciudad monumental” di Caceres, nonostante i secoli trascorsi, l’aspetto è mutato poco e la città resta un labirinto di piccole strade senza traffico, con piazze

contornate da belli e solidi edifici in pietra con stemmi di famiglia scolpiti al di sopra delle porte o sulle facciate, alcuni dei quali veri e propri piccoli musei, in generale accessibili gratuitamente.

Recupero, restauro e manutenzione di tutto il centro storico appaiono come un processo continuo e dinamico i cui effetti sono evidenti e risultano certamente apprezzati dai numerosi visitatori nonché da tutti gli operatori su cui ricadono gli evidenti benefici economici. I palazzi restaurati possono poi essere destinati a diversi usi come, ad esempio, l’edificio trasformato in museo  costruito su un Aljibe, forse la più splendida cisterna moresca per l’acqua sopravvissuta in Spagna.

Il museo, tra l’altro, contiene una bella collezione di manufatti medievali, romani e preistorici e una galleria d’arte con opere di Picasso, Miro e El Greco. Il miglior modo per visitare gradevolmente Caceres è vagare per le strade e per le piazze soffermandosi ed entrando dove si è più attirati da un particolare o, semplicemente, dalla curiosità.

Prima del tramonto inizia l’ora dello struscio e dell’aperitivo, dopodiché l’atmosfera si fa suggestiva grazie ad una illuminazione che valorizza il bianco degli edifici e che  tradisce le origini arabe della città.

L’antica Augusta Emerita fu invece la più importante città romana della penisola iberica, come confermato dalle importanti costruzioni che è ancora possibile ammirare. Fu fondata nel 25 a.C. come sede di una colonia di veterani della V e della X legione.

Capitale della provincia di Lusitania, in posizione strategica, acquisì grande prosperità e sicuramente fu una delle città in cui i Romani si sforzarono di evidenziare la loro potenza e magnificenza; tra l’altro numerosi monumenti furono lì costruiti da Agrippa, genero dell’imperatore Augusto.

Subì nel V secolo una serie di invasioni finché  fu annessa al regno visigoto; tutto ciò era un segno del suo declino, ma Merida conservava ancora una certa importanza al momento dell’invasione araba nel 715. Durante la dominazione musulmana la città era la sede di un governatorato dipendente da Cordova, finché  divenne autonoma a causa del declino del califfato omeyyade. A quel punto il Paese divenne teatro dello scontro tra Mori e Cristiani e ciò contribuì alla sua rovina. Nell’XI secolo perse anche l’episcopato a favore di Santiago di Campostela dopo essere stata sede di un vescovo e poi di un arcivescovo sin dai primi tempi del cristianesimo. Oggi Merida si presenta, dal punto di vista storico-archeologico, soprattutto come una città romana.

Lo testimonia un importante insieme di monumenti sapientemente recuperati, come anche i musei allestiti in maniera esemplare. Dal teatro,  dove si nota un’iscrizione che fa riferimento alla sua fondazione da parte di Agrippa nel 24 a.C., all’adiacente anfiteatro.

Dal ponte romano sulla Guadiana lungo 792 metri con 60 archi in blocchi di granito

all’acquedotto des Milagros, splendida costruzione romana che portava alla città l’acqua dalla diga di Proserpina situata a circa 5 km.

Senza dimenticare gli edifici residenziali messi alla luce con mosaici e pitture murali ancora ben visibili

e i resti del tempio di Diana, inglobato nel XVI secolo nel palazzo dei conti di Corbos, con le sue colonne corinzie. In realtà si tratta di un santuario romano, edificato nei primi anni di colonizzazione, la cui divinità tutelare resta sconosciuta.

Ma al di là di quanto trasmesso dai Romani venti secoli fa, va detto qualcosa sul rapporto che il cittadino della Merida di oggi ha con quella antica società e sul legame che sente con quelli che, tutto sommato, sono i suoi antenati. Ciò anche perché, appena mi sono diretto verso il centro storico, ho notato  persone  vestite da antichi romani;

lì per lì ho pensato si trattasse di qualcuno destinato a promuovere  foto in costume col monumento antico per sfondo, ma poi mi sono reso conto che praticamente tutte le persone in giro, di ogni età, avevano abiti di moda 2000 anni fa, così come  il personale dei numerosi locali del centro.

Ho chiesto lumi a un distinto signore con abiti da senatore romano che mi ha spiegato che si trattava dei due giorni conclusivi di una manifestazione, “Emerita Ludica”, che celebra la società e la cultura romana. La manifestazione era stata avviata una settimana prima con conferenze su diversi argomenti: la medicina a Roma, l’industria tessile in Emerita Augusta, conoscenze sul vino nell’antica Roma, i legami con Palmira etc.. tutti temi trattati da esperti archeologi e/o professori universitari.

Non mancano le rappresentazioni teatrali di diversi autori latini, e poi, negli ultimi due giorni,  l’iniziativa raggiunge il culmine con la popolazione che si trasforma in quella dell’antica  Emerita Augusta nella vita di tutti i giorni: i mercati, compreso quello degli schiavi, le manifestazioni religiose, quelle politiche, nonché i giochi gladiatori.

Un programma molto intenso con eventi in parallelo che si svolgono in particolare sui siti legati all’antica Roma.

E’ una manifestazione annuale che questa volta si é svolta nel mese poco consueto di ottobre a causa della pandemia che peraltro ne ha provocato l’annullamento nel 2020 e rallentato l’organizzazione successiva. Dalla partecipazione evidente e dalle parole scambiate con alcuni emerge una cittadinanza che sente molto il legame con la “romanità”. Probabilmente questa sensibilità ha contribuito al recupero, all’allestimento e alla gestione delle numerose opere che oggi fanno di Merida uno dei maggiori siti Romani fuori d’Italia.