A gennaio 2015, in occasione di un lungo viaggio nel sud est asiatico, mi sono fermato per dieci giorni  a Siem Reap, il centro urbano base di partenza per visitare la  zona archeologica di Angkor, la più estesa  del mondo ( circa 400 Kmq.). Non è facile trovare un aggettivo che descriva in maniera adeguata questa area, dove la maestosità e la bellezza di templi e monumenti regalano al viaggiatore un’impressione e un’emozione che pochi altri luoghi della terra possono suscitare. A due anni dal viaggio, partendo dalla storia del regno Khmer, provo a  “visitare” nuovamente quei luoghi.

 L’area in cui si trova oggi il moderno Cambogia (termine sanscrito maschile Kambuja, la terra della stirpe di Kambu, mitico asceta) era già abitata dal terzo millennio a.C., ma è con gli inizi dell’era cristiana che si entra nella storia, quando lungo il golfo del Siam si sviluppò un regno al quale  le cronache cinesi attribuirono il nome di Funan, dalla parola Khmer bnam, montagna. Con il re Kaundinyia Jajavarman (478-514), proveniente dall’India, i regnanti del Funan acquistano contorni storici. Nel VI secolo la produzione artistica più significativa è quella statuaria con sculture in scisto o arenaria raffiguranti per lo più Vishnu (il Vishnuismo doveva essere la religione dei sovrani anche se vi sono numerosi linga a testimonianza dello Shivaismo e compaiono le prime raffigurazioni di Harihara per metà Shiva e per metà Vhisnù). In questo periodo appaiono anche le prime statue di Buddha rappresentato con veste lunga fino ai piedi ai fini della stabilità della statua stessa senza bisogno di sostegni. I Khmer, probabili vassalli del Funan, provenivano dall’alto corso del Menam e, seguendo la valle del fiume Mun, avevano raggiunto il Mekong. Il loro primo principato autonomo sorse nel V sec. a nord del Tonlé Sap e le cronache cinesi lo chiamano Zhenla, con Capitale Shreshthapura nel Laos meridionale. Tra il 612 e  il 628 Ishanavarman, sovrano del regno Khmer di Bhavapura, completò la conquista del Funan. Secondo le cronache cinesi, all’inizio dell’VIII secolo, esistevano uno “Zhenla di terra” e uno “ Zhenla di acqua”: il primo unito e centrato sugli antichi territori dello Zhenla, l’altro articolato in numerosi feudi nell’area che aveva costituito il Funan. Alla fine dell’VIII sec. i Malesi e Giava imposero la  loro sovranità a molti principati Khmer.  I Khmer che ebbero il loro epicentro nell’odierno Cambogia sfruttarono le particolari caratteristiche della piana di Angkor e attivarono un’incredibile rete idraulica articolata in bacini, canali, risaie, che non solo assicurò il sostentamento a oltre un milione di persone, ma permise l’accumulo di un surplus capace di finanziare innumerevoli costruzioni. Sovrani geniali e bellicosi, ispirandosi alle concezioni indiane sulla regalità e ai culti autoctoni degli spiriti del luogo e degli antenati divinizzati, i re Khmer edificarono monumentali templi a piramide quali riproduzioni della mitica montagna cosmica, il monte Meru.

Ogni tempio inoltre si specchiava in un bacino più o meno vasto che assolveva la funzione pratica di riserva idrica e quella simbolica di rappresentazione dell’oceano primigenio. Ne nacque una liquida scacchiera costellata di templi, palazzi in legno e capanne di bambù, brulicante di mercati, carri, piroghe, animali e gente. Un fervore di vita ben presentato  nei bassorilievi del Bayon (click), forse il  più potente monumento alla regalità assoluta che il genio artistico khmer seppe produrre. Convinti di esercitare il potere su mandato divino e di partecipare essi stessi dell’essenza della divinità,i sovrani affidarono alle iscrizioni sui templi la memoria delle loro concezioni e la celebrazione delle loro imprese. Ad Angkor sono rimasti solo i templi assediati dalla vegetazione che in maniera tentacolare ha ripreso possesso degli spazi un tempo occupati dagli uomini: una presenza verde che aggiunge alla bellezza artistica dei templi di Angkor un’atmosfera ineguagliabile.

L’arte Angkoriana, prodotta quasi interamente nella vasta zona di Angkor inizia con il IX secolo: la sua storia ( in sanscrito “nagara” poi corrottosi in Angkor), inizia con il rito di consacrazione di Jajavarman II (790-850) nell’802 sul monte Kulen per celebrare l’indipendenza del Kambuja dalla sovranità di Giava. Nell’802 si inaugurò il culto del “Devaraja”, il Dio re, omologo celeste del sovrano. Indravarman I -877-889- è il primo dei grandi sovrani costruttori che inizia anche l’architettura idraulica basata sui baray, le riserve idriche con funzioni pratiche e simboliche determinanti per lo sviluppo di Angkor.  I primi esempi di architettura khmer sono già di pregevole fattura, non solo per l’armonia e la chiarezza delle linee, ma anche per la raffinatezza dei particolari decorativi. A Indravarman I si devono il Preah Ko (click) e il Bakong da cui lo stile del Preah Ko coincidente con il suo regno: esso è caratterizzato da un maggior movimento, i visi appaiono larghi e inespressivi, si afferma la barba a collare e i baffi; lo chignon diviene un cilindro a piani stilizzati e la tiara si prolunga in due bande ai lati delle orecchie diventando, nel caso del dio Vishnù, una pagoda ottogonale. Di rilievo l’apparizione dei bassorilievi con i primi esempi sul Bakong. I templi vengono racchiusi in cinte concentriche con gli ingressi segnati da gopura, portali monumentali; i prasat si allineano su piattaforme comuni mentre nei muri di mattoni si aprono nicchie in arenaria che ospitano figure maschili e femminili di dvarapala”, (clickguardiani delle porte. Si costruiscono edifici di ignota destinazione (“biblioteche”), e appare il primo tempio montagna.  In questo periodo vengono scolpiti gli architravi più belli dell’arte khmer. Due festoni di ghirlande trattenute al centro da Kala, un demone, con due makara girati indietro alle estremità, e minuscole figure a cavallo o su naga tricefali.

Il successore Yashovarman (889-910) conservò i possedimenti paterni ( il potere khmer si esercitava da Ubon in Thailandia fino all’estrema punta meridionale del Kambuja) e segnò lo stile del Bakheng (889-925) che marca e irrigidisce i volti delle statue  (click) sottolineando occhi e bocca con un doppio tratto, mentre la tagliente linea continua dell’arcata sopraccigliare è in rilievo. Baffi e barba sono appuntite e l’impressione generale è di una ieraticità formale e astratta. In architettura si sviluppa il tempio montagna ed aumenta l’uso di arenaria, dagli architravi scompaiono i piccoli personaggi. A Jajavarman IV, 928-941, si deve lo stile del Koh Ker: gli artisti, molto più sicuri, si cimentano con le grandi forme e con l’innovativa rappresentazione del movimento. I visi sono addolciti da un leggero sorriso e i gioielli scolpiti sostituiscono le parure mobili, a testimonianza di una minore disponibilità di ricchezza, negli architravi appaiono scene narrative. Rejendravarman II (944-968) riporta la capitale ad Angkor ed estende i domini a est fino alla catena Annamita, a ovest fino alla Birmania, a sud fino al golfo del Siam. Al sovrano e al suo architetto Kavindrarimathana si devono il Pre Rup, il Mebon orientale (click), il Bat Chum e il bacino dello Srah Srang. E’ di questo periodo lo stile del Pre Rup che nella statuaria vede il ritorno alla staticità ieratica, si moltiplicano le cinture e le pettinature si fanno più ricche.

Le sale lunghe che circondano il tempio preludono alle gallerie perimetrali (la prima di queste compare nel Ta Keo, Jajavarman V 968-1001). Nel frattempo il brahmano Yajnavaraha fa costruire Banteay Srey da cui stile e periodo omonimo (960-1000). Lo stile Banteay Srey rappresenta uno dei momenti più significativi dell’arte khmer. Esso torna a modelli del passato reinterpretandoli con immagini morbide e delicate (click), con labbra carnose e occhi molto aperti. I volti maschili appena segnati da barba e baffi, quelli femminili soffusi di calma pensosa (click). Gioielli elaborati ornano le divinità, i frontoni (click) si sovrappongono gli uni agli altri con profondi bassorilievi narrativi  (click) costituiti da gruppi statuari di grande plasticità. Architravi con ghirlande dalle complesse volute agli estremi e con una divinità al centro si alternano a quelli con teste di elefanti, kala e personaggi mitici. Per l’ultima volta compaiono colonne cilindriche.

All’inizio dell’XI secolo sale al trono Suryavarman I (1010-1050) che unifica la quasi totalità del Kambuja e rende tributari il sud della Thailandia e il Laos meridionale. Al suo regno corrisponde lo stile dei Kleang ( gli edifici omonimi, il palazzo reale e il Phimeanakas  fuori da Angkor, il Phnom Chisor, il Preah Vihear e il Vat Phu. (click)). Si diffondono le gallerie perimetrali con ingressi a gopura crociformi, nei cui architravi, divisi in quarti, ghirlande floreali sono tenute al centro dalle mani di un kala. I volti delle statue accennano  un sorriso mentre le pettinature a trecce caratterizzano lo stile. Il figlio Udayadityavarman II (1050-1066) mantenne unito il regno del padre e edificò il Baphuon da cui prende il nome lo stile omonimo. Esso è caratterizzato da immagini più piccole, dalle forme slanciate, esili rispetto alle dimensioni della testa, con gambe sottili grazie alla presenza di contrafforti dietro ai talloni.

Grande attenzione ai particolari : le labbra sono tese e gli occhi incisi al tratto; la barba disegna una punta sul mento segnato da una fossetta; i capelli sono acconciati in trecce trattenute da una ghirlanda di perle; le espressioni caratterizzate da una grazia e una dolcezza spirituale uniche nell’arte khmer. In questo periodo appare la raffigurazione del Buddha in meditazione sulle spire dei naga (il cobra policefalo Mucilinda), destinato a divenire, nei periodi seguenti, una peculiarità della statuaria khmer. Dopo quasi mezzo secolo di sovrani di minore rilievo, nel 1113 conquistò il potere Suryavarman II (1113-1150) il quale riunificò il Kambuja, occupò il Champa giungendo a ovest ai confini del regno birmano di Pagan, a est al mare e a sud nel cuore della penisola malese. A suryavarman II si devono Thommanon (click), Chau Say Tevoda, Angkor Vat, Preah Pithu, Banteay Samré, e numerosi altri edifici fuori da Angkor. Nello stile dell’Angkor Vat l’architettura Khmer raggiunge la completa maturazione:

i prasat sono sovrastati da torri coniche con profili curvilinei, le gallerie perimetrali vengono congiunte da ali assiali, le mezze gallerie acquisiscono una  funzione puramente ornamentale, mentre terrazze cruciformi e balaustre contornate da naga collegano i diversi edifici. Le colonne raggiungono venti sfaccettature, gli architravi presentano decori floreali, scene narrative, naga incoronati. Alla perfezione architettonica corrisponde una scultura alquanto stereotipata.

   Dopo la grazia e la dolcezza del Baphuon si ritorna alla frontalità e alla ieraticità: le figure maschili  (click) dalle spalle quadrate e dai toraci gonfiati hanno gambe e piedi realizzati in maniera goffa; nei visi, in generale glabri, l’arcata sopraccigliare è unita e gli occhi, sottolineati da un’incisione, sono allungati. Le figure femminili  (click)  hanno una maggiore caratterizzazione e i loro volti sono decisamente più espressivi di quelli maschili: alla complessità delle vesti si aggiunge quella delle acconciature, spesso sostenute da impalcature. Alcune devata  (click) raccolgono i capelli a chignon lasciandone una coda libera, ma la maggior parte sembra preferire ricchissimi diademi con ardite e fantasiose costruzioni, sotto cui i capelli ricadono in ciocche e treccine. I gioielli sono per lo più di ispirazione floreale e ricoprono in particolare le divinità. Nel 1177 il re del Champa Jaya Indravarman IV prese il potere nella zona di Angkor. Fu Jayavarman VII, incoronato nel 1181 a più di 50 anni, a riunificare il Kambuja. Era un fervente buddhista: sostituì al culto di Shiva Devaraja quello di Buddharaja, signore dell’universo. L’impero Khmer raggiunse la massima estensione includendo la piana di Korat, la valle del Menam, parte della Malesia, il Champa, il Laos settentrionale, mentre vennero resi tributari l’Annam, la Birmania e probabilmente anche Giava. A Jayavarman VII si devono un numero incredibile di costruzioni. Citando solo quelle di Angkor: Ta Prohm  (click), Preah Khan (click), Neak Pean, Banteay Kdei, Ta Som (click), Ta Nei, Srah Srang, Angkor Thom (click), Bayon  (click), terrazza degli elefanti e del re lebbroso (click), nonché i bacini del palazzo reale. Lo stile del Bayon (1181-1220) vede l’affermarsi di complessi enormi con grande impiego di laterite e costruzioni poco curate. Negli architravi i temi sono buddhisti. Viene superata la frontalità ieratica dell’epoca precedente e si ricerca maggiore movimento e plasticità. L’assunzione del buddhismo a religione di Stato porta a esprimere nella statuaria un ideale di bellezza più umano e intimistico: sorrisi interiori ed espressioni mistiche sui volti, la tendenza a divinizzare antenati e parenti, l’identificazione di Jayavarman VII con il bodhisattva Lokeshvara contribuiscono alla produzione di immagini più realistiche e studiate psicologicamente.

Jayavarman manifesta le sue manie di grandezza nelle statue colossali inserite nel simbolismo monumentale di Angkor Thom.

 

Due anni dopo la morte di Jayavarman i Khmer abbandonarono il Champa, mentre ai confini dell’impero diventavano frequenti le secessioni e si profilava la minaccia Thai. Alla base della grande prosperità del regno Khmer era senza dubbio l’applicazione sistematica e minuziosa dell’idraulica all’agricoltura. La città di Angkor, centro religioso, amministrativo e commerciale aveva quale funzione principale quella di presiedere all’irrigazione di tutto il territorio circostante: le risaie permanentemente inondate potevano offrire anche tre o quattro raccolti l’anno, mentre i canali e i fossati che circondavano i templi costituivano una eccellente rete di comunicazione. Un sistema così complesso e unitario di regolamentazione delle acque , pur nella apparente solidità, aveva al suo interno qualcosa di fragile in quanto un blocco in qualunque punto della sua grande e complessa macchina avrebbe generato conseguenze gravissime. Inoltre il sistema economico era minato dall’eccesso di spese dei re angkoriani per l’erezione di templi e il loro mantenimento.  Le famiglie brahmaniche fomentarono una rivolta Shivaita contro il diffondersi del buddhismo, ma il Theravada, la dottrina degli anziani, forma essenziale e più antica del buddhismo, finì per prevalere. Non si sa molto sugli ultimi sovrani Khmer della prima metà del XIV secolo, ma nel frattempo il grande Stato Thai di Sukhotai aveva occupato numerosi territori settentrionali e occidentali dell’impero Khmer. Nel 1430 un re Thai, Paramaraja II, espugnò Angkor. Da quel momento iniziarono l’abbandono e la decadenza, concluso il periodo dell’arte Khmer gli scultori tornarono al legno, mentre i regni Thai confinanti influenzarono tutta la produzione dei secoli posteriori. I Siamesi distrussero i bacini e le opere idrauliche con la conseguenza di rendere inabitabile la zona centrale dell’impero Khmer. Angkor fu inghiottita dalla giungla e, secondo una cronaca portoghese, intorno alla metà del XVI secolo, un re cambogiano, durante una partita di caccia, scoprì l’antica città, le cui rovine saranno descritte e studiate da una missione francese solo nella seconda metà del XIX secolo.